Dino Zandegù è sicuramente uno dei personaggi più divertenti e meno banali che il Giro d’Italia abbia incontrato nella sua centenaria storia. Ma oltre a ciò, è stato anche grande protagonista in corsa, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, con la vittoria della classifica a punti nell’edizione del 1967 e 6 vittorie di tappa complessive. L’ultima risale al 1971, nella brevissima Lubiana-Tarvisio di 100 km.
Quel Giro gli aveva già regalato una gioia, quella di indossare la sua prima e unica Maglia Rosa in carriera, dopo la cronostaffetta inaugurale Lecce-Brindisi, che aveva permesso a tutti gli atleti della Salvarani, guidati da capitan Felice Gimondi, di indossare il simbolo del primato il giorno seguente. La gioia, però, durò solo 24 ore, perché a Bari il suo rivale di sempre Marino Basso, vinse la tappa e si prese la Rosa.
La rivincita per Zandegù arrivò, come detto, a Tarvisio, quando, in un arrivo leggermente in salita, fece valere tutta la sua potenza anticipando Gimondi e proprio Basso. “Quando ero in giornata, vincevo agevolmente, anche a mani alzate, peccato che di quelle giornate ne abbia avute poche – ha raccontato con la consueta ironia Zandegù a Marco Pastonesi in un’intervista di qualche anno fa- La tappa di Tarvisio finiva su un’erta, all’ultimo c’era una curva, presi la testa per tirare la volata a Gimondi, dovevo tirare per ordini di scuderia ma tirai troppo forte per un mio disordine mentale, a poco dal traguardo mi voltai dietro, vidi Gimondi che stringeva i denti e mi mangiava con gli occhi, diedi retta al mio istinto selvaggio, pensai ai miei genitori e alle mie sette sorelle a casa, e quando finii quei nove pensieri avevo già vinto davanti a Gimondi e a Marino Basso. Ero combattuto e diviso: nei confronti di Gimondi tremavo di imbarazzo, nei confronti di Basso scoppiavo di felicità. Fu un arrivo da ‘attenti al cane’. Quell’anno ce l’avevo così tanto con Basso che, tornato a casa, sul cancello, accanto alla scritta ‘attenti al cane’, appiccicai la sua figurina”.
Il Giro del 1971 venne vinto dallo svedese Gösta Pettersson, davanti a Herman Van Springel e Ugo Colombo.