L’11 aprile del 1472 a Foligno, arrivo di tappa di oggi, fu stampata la prima edizione della Divina Commedia.
La Commedia circolava già prima naturalmente, fin da quando Dante la terminò nel 1321 durante l’esilio.
Ma fino a quel momento si trattava di manoscritti, suscettibili di errori di trascrizione e delle bizze degli amanuensi – oltre che costosissimi e dunque poco fruibili per la maggioranza del pubblico.
L’edizione di Foligno, detta anche editio princeps, raddrizzò tutte queste storture e ci regalò per la prima volta una Divina Commedia chiara, pulita, (abbastanza) definitiva e (abbastanza) economica.
Prima di arrivare a Foligno però, oggi c’era da partire da L’Aquila e percorrere 139 km con un Gpm di 4^ cat che terminava a 39 km dal traguardo.
La fuga riesce ad uscire dopo appena un km, gli attaccanti sono cinque ed è tutta gente già nota nell’ambiente: Simon Pellaud (Androni-Sidermec), Umberto Marengo (Bardiani-CSF-Faizanè), Samuele Rivi (EOLO-Kometa), Taco Van der Hoorn (Intermarché-Wanty-Gobert), Kobe Gossens (Lotto Soudal).
Da citare due nomi soprattutto: Van der Hoorn, che ha vinto solitario la tappa di Canale, e Pellaud che in questo Giro ha già percorso al vento 408 km.
Ma fin da subito si capisce quanto siano fievoli le possibilità dei cinque di conquistarsi un posto in paradiso.
Il gruppo lascia 2’, 2’30’’ al massimo, e in testa al plotone si alternano regolari Alpecin-Fenix, Qhubeka Assos, Cofidis, Jumbo-Visma e UAE, le squadre dei velocisti puri.
La tappa sembra scivolare calma e regolare verso un classico finale in volata, con la fuga ripresa negli ultimi km prima della bagarre per prendere in testa lo sprint.
Qualcosa però cambia quando mancano 53 km da Foligno.
Davanti al gruppo appare come per magia tutta la Bora-Hansgrohe.
Ci si domanda se la squadra di Sagan sia lì per controllare la fuga o, più probabile, per fare un ritmo alto sulla salita successiva e cercare di mettere in croce gli altri velocisti.
Ci si risponde pochissimo dopo, su uno strappetto ancora prima di iniziare il Gpm di Valico della Somma: il gruppo è in fila indiana, il vantaggio dei cinque in testa crolla a 25’’, e Groenewegen è la prima ruota veloce a finire in purgatorio.
La seconda è Tim Merlier, la Maglia Ciclamino, che cede a 42 km dall’arrivo.
La terza è Dekker, la seconda punta della Jumbo-Visma che segue il destino del compagno Groenewegen.
Lungo la salita la Bora-Hansgrohe non molla, anzi accelera.
I fuggitivi vengono ripresi dal primo all’ultimo.
Nizzolo e Viviani soffrono in coda al gruppo, Gaviria all’inizio tiene poi perde posizioni anche lui.
Tutti gli uomini di classifica pedalano davanti, che non si sa mai.
A 1000 metri dal Gpm Nizzolo deve lasciare la scia salvifica del gruppo, perde contatto e finisce tra i dannati.
Oggi avrebbe potuto finalmente stampare il suo nome a caratteri stabili nella storia del Giro vincendo la tappa, invece continua il sortilegio, come un manoscritto che non trova un editore.
Quando la salita finisce, a 38 km dall’arrivo, per molti deve sembrare siano finite la penitenze, ma è solo un’illusione perché la squadra di Sagan continua l’azione indiavolata pure in discesa, spalleggiata anche dalla Israel che lavora per Cimolai, uno dei pochi reduci tra i velocisti.