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In Rosa dall’inizio alla fine: il Giro perfetto di Gianni Bugno

05/10/2024

Quando Gianni Bugno vinse la sua prima tappa al Giro d’Italia non se ne accorse quasi nessuno. Era la penultima frazione della Corsa Rosa del 1989, la La Spezia-Prato, e l’allora 25enne monzese era già un corridore di tutto rispetto, con 3 vittorie consecutive al Giro dell’Appennino, una tappa al Tour de France, un 2° posto al Giro di Lombardia e vari altri successi. In quel 1989, però, non era partito un granché bene, e anche al Giro non era riuscito a brillare, fino a quel successo in fuga, oscurato però dall’accesa lotta per la classifica generale tra Laurent Fignon, che difese la Maglia Rosa, e Flavio Giupponi.

Così, arrivati al Giro d’Italia del 1990, era quasi impossibile immaginarsi un Bugno – che pure quell’anno era partito alla grande col trionfo alla Milano-Sanremo – in lotta per la Maglia Rosa fino alla fine. Invece Gianni conquisterà il simbolo del primato il primo giorno, nella cronometro di Bari, e lo porterà fino alla passerella finale di Milano, per un’impresa riuscita solo a Costante Girardengo, Alfredo Binda e Eddy Merckx prima di lui, e che nessuno, da allora, ha più ripetuto (nemmeno Tadej Pogačar).

Bugno vincerà in Maglia Rosa a Vallombrosa e poi la crono del Sacro Monte di Varese, aumentando il distacco sugli avversari tappa dopo tappa. Anche le Dolomiti lo incoroneranno, nella Dobbiaco – Passo Pordoi respinge gli attacchi degli avversari, superando senza difficoltà il Passo Valparola, il Gardena, il Sella, una prima scalata al Pordoi, la Marmolada e quindi di nuovo il Pordoi. Anzi, dimostra di essere il più forte attaccando sull’ultima salita e scandendo sempre il ritmo, lasciando poi la vittoria di tappa al rivale Charly Mottet fingendo un problema meccanico. Perché Gianni era ed è anche questo, umile e generoso. Non a caso il giorno dopo il trionfo di Milano, il Corriere della Sera lo definirà “un fuoriclasse del pudore e della serenità”. Una prima notte magica, a due giorni dall’inizio delle “Notti Magiche” dei Mondiali di calcio di Italia ’90.

Il 1990 fu l’anno della consacrazione per Bugno, che vinse anche due tappe al Tour de France (compresa quella dell’Alpe d’Huez) e lanciò definitivamente la sua carriera. Il suo palmares parla di una vittoria al Giro delle Fiandre, due Mondiali, 4 tappe al Tour, con due podi finali, e ben 9 frazioni del Giro, l’ultima delle quali conquistata ad Aosta nel 1996.

Quel Giro dominato del 1990 è però, ancora oggi, iconico. “Tante, tantissime emozioni concentrate nell’arco di quattro mesi: la vittoria nella Milano-Sanremo, la nascita di Alessio, il mio primo figlio, il successo al Giro d’Italia – scrisse al tempo Bugno -. Pare che la mia vita si sia messa al galoppo, anche se dentro di me nulla è cambiato. O almeno così mi sembra. Ma c’è una cosa che, in questi ultimi giorni, mi ha colpito in modo particolare: il rapporto con la gente. Non so dare una spiegazione precisa, ci sono tanti motivi, fatto sta che se ho portato la maglia rosa da Bari fino a Milano il merito è soprattutto dei tifosi che mi hanno sempre applaudito e incoraggiato lungo le strade. So che qualcuno ha criticato il mio modo di affrontare il Giro, definendo temerario il modo di interpretare la corsa. Ma io so che se ho sempre pedalato davanti al gruppo, se ho cercato di sfruttare tutte le situazioni favorevoli per attaccare i miei avversari, l’ho fatto pensando che, il giorno in cui avessi avuto un crollo, la gente si sarebbe comunque ricordata di me. Non sono crollato, sono arrivato fino alla conclusione, questa maglia rosa che era un sogno infantile si è tramutata in una splendida realtà. È mia, resterà mia”.

Gianni Bugno è entrato nella Hall of Fame del Giro d’Italia e ora, oltre alla Maglia Rosa, avrà da conservare anche il Trofeo Senza Fine, che gli ricorderà che le sue imprese rimarranno eterne nella storia di questo sport.

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