Giulio Ciccone oggi ha deciso di riscuotere il conto in sospeso che aveva col ciclismo. Nell’ultimo anno l’abruzzese si è visto bruscamente tarpare le ali dalla dea bendata, proprio quando, invece, stava cercando di spiccare il volo verso una nuova dimensione di corridore. Si è preso due volte il covid, ha dovuto combattere diversi acciacchi fisici e ogni volta ricominciare a costruire la sua condizione atletica.
Nel 2021 ha abbandonato il Giro per una caduta, causata da altri, e poi ha lasciato anche la Vuelta per un’altra caduta, sempre causata da altri. In entrambi i casi, tra le altre cose, era in lotta per un piazzamento in Top 10. E in questi casi, si sa, non si tende ad analizzare la situazione, a capire come e perché, ma si guarda solo la classifica. Per l’opinione pubblica Ciccone si è semplicemente ritirato da due Grandi Giri nello stesso anno; quanto basta per considerarlo un grande bluff. Nel giro di pochi mesi, quindi, Ciccone è passato da essere considerato uno degli atleti di punta del movimento ciclistico italiano, il corridore sul quale fare riferimento per le grandi corse a tappe, per il dopo Nibali, a un corridore sopravvalutato.
Come spesso accade in questi frangenti, non esistono le mezze misure. Da fortissimo, Giulio è diventato scarsissimo. Invece oggi il corridore della Trek-Segafredo si è rimesso in quella carreggiata che, suo malgrado, aveva dovuto lasciare fino alla settimana scorsa, quando ancora era evidentemente alle prese con gli strascichi della bronchite, della febbre alta e degli antibiotici che aveva dovuto prendere fino a pochi giorni prima dell’inizio del Giro d’Italia.