altimetria
planimetria
info tecniche
Tappa montagna con insidie, arrivo in salita e sconfinamento. Partenza da Marano Lagunare per risalire tutta la bassa fino alle colline moreniche udinesi tra Fagagna e Majano. Attraversata Buja si raggiungono le Prealpi Giulie con le Grotte di Villanova (salita breve e impegnativa) seguite dal Passo di Tanamea. Ingresso in Slovenia dal valico di Uccea che porta direttamente a Kobarid (Caporetto). Inizia lì il Monte Kolovrat, 10 km praticamente al 10% (la pendenza si abbassa per un brevissimo tratto a metà salita). Segue, dopo il cortissimo Passo Solarie, un lungo falsopiano a scendere per il rientro in Italia. Tratto interamente dentro il bosco caratterizzato dal susseguirsi ininterrotto di curve. Da Cividale del Friuli si attacca la salita che porta al Santuario di Castelmonte dove è posto l’arrivo.
Ultimi km
Salita finale di circa 7 km con una breve discesa dopo 2.5 km. I due tratti più ripidi (fino al 13%) sono in corrispondenza all’inizio salita e alla ripresa dopo la discesa interna. Carreggiata larga e in ottimo stato. Rettilineo di arrivo su asfalto.
partenza / arrivo
dettaglio salite
ultimi km
crono tabella
info turistiche
Città di:
Marano Lagunare
La Parola alle Istituzioni
Massimiliano Fedriga – Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
“Il Friuli Venezia Giulia accoglie con affetto il Giro d’Italia 2022 con una tappa di grande significatività storica nel segno di una continuità permeata da un’entusiastica collaborazione che ha portato a tangibili, eccellenti risultati sportivi e turistici, altamente apprezzati a livello internazionale.”
Panoramica
Lungo la statale che da Venezia conduce a Trieste, in territorio friulano, svoltando verso sud, c’è un piccolo lembo di terra, che ha una sua naturale estensione in un immenso bacino di acqua, la Laguna, chiuso verso il mare da un cordone litoraneo di isole e banchi sabbiosi: questa è Marano Lagunare, ultimo baluardo di terraferma prima del mare.
Un piccolo borgo antico, con le prime notizie storiche risalenti al 590 quando fu scelta dall’allora Patriarca di Aquileia, come sede del Sinodo per la vicenda dello scisma capitolino.
Antica fortezza della Serenissima che la conquistò nel XVI secolo, è rimasta quasi intatta nei secoli a testimoniare la gloria e la storia di questa singolare comunità di parlata veneta in territorio friulano.
Laboriosa e vivace comunità di pescatori, è fortemente legata alle sue secolari tradizioni religiose. Ogni tre anni il 15 agosto si svolge la “Festa della Triennale” in onore della Beata Vergine della Salute, ed annualmente nel mese di giugno, la suggestiva processione di “San Vio” a cui i maranesi sono molto legati.
Una storia plurimillenaria di un territorio unico, che per la sua posizione “sospesa” tra mare e terra costituì per secoli una strategica area di passaggio e punto d’incontro di culture diverse.
Gastronomia
Marano Lagunare ha saputo conservare attraverso i secoli, oltre che la parlata veneta, anche la propria cultura e tradizioni culinarie, valorizzando i prodotti di questa terra, delle acque salate e salmastre che sono stati di fatto i protagonisti dei piatti tipici sulla tavola dei Maranesi.
Il Re indiscusso della cucina tradizionale Maranese è il Bisato in speo, ovvero l’anguilla cotta a fuoco diretto per ore su uno spiedo che deve essere esclusivamente di legno e insaporita con foglie di alloro e sale grosso. Un piatto esclusivo preparato dai pescatori di Marano, unico al mondo, tuttora presente nelle nostre tavole Maranesi dedicato alle giornate speciali e agli ospiti di riguardo.
Un altro piatto della tradizione è il Boretto alla Maranese. Piatto semplicissimo da preparare, un tempo diffuso tipicamente sulle tavole dei pescatori e composto da varie specie di pesce che non potevano essere commerciate perché rovinate durante la pesca. Tra i crostacei famose sono le Molecche fritte, piatto famoso anche nelle lagune venete, che altro non sono che il granchio in muta che si presenta ricoperto da epidermide morbida e vellutata.
Lasciando i piatti della tradizione, che tuttora però sono presenti sulle tavole Maranesi, ci muoviamo verso il panorama gastronomico più attuale. Il centro storico di Marano Lagunare è disseminato di ristoranti, trattorie e locande dove si possono assaporare le tipicità, la tradizione e trovare la ricercatezza. I crudi di pesce pescato in loco, o commercializzato nel locale mercato ittico comunale (il più grande mercato ittico del pesce fresco del Friuli-Venezia Giulia e uno dei maggiori del nord-Italia), si possono assaporare in diversi ristoranti rinomati per questo. Oltre al pesce fresco i ristoranti locali offrono diverse tipologie di molluschi bivalvi. I fasolari diventati sempre più diffusi sulle tavole locali, sia crudi che cotti, vengono utilizzati nelle cucine assieme alle vongole veraci, le peverasse (vongole lupino) e le capesante per la preparazione di diversi piatti che spaziano dai sughi per la pasta, ai gratinati, ad altre preparazioni più ricercate.
Bevande
Il territorio circostante a Marano Lagunare offre diversi terreni per la coltivazione della vite ed è ricca di aziende vitivinicole anche di pregio. Inserito nel panorama della zona DOC “Friuli Annia” il territorio si presta molto bene alla coltivazione della vite grazie al clima sempre ventilato d’estate e mite d’inverno con temperature medie annue di 13-15 gradi.
Una terra singolare dove la laguna arriva a ridosso delle viti, talvolta piantate all’interno delle valli da pesca che costeggiano il confine lagunare, le quali adattandosi al particolare territorio affondano le radici nel terreno argilloso ad elevata salinità donando un sapore caratteristico, unico ed originale al vino prodotto.
Le prime viti furono piantate in questi territori dai romani, come testimoniato dai reperti ritrovati in laguna ed in molti siti archeologici limitrofi di anfore atte a contenere e trasportare il vino. Una importante scoperta del passato, testimonianza del pregio attribuito al vino coltivato dalle viti nei pressi del presidio di Marano, è una lapide che recitava il ricordo di un centurione romano e delle battaglie combattute assieme ai commilitoni decantando le avventure amorose e le mangiate accompagnate dall’optimum vinum di Marianum.
Il nome della DOC deriva dall’antica strada Annia costruita nel 131 a.C. e che metteva in collegamento Aquileia a Concordia Sagittaria passando attraverso la pianura dell’attuale Bassa Friulana e costeggiando la Laguna ed i territori di Marano Lagunare. Anche nel periodo del patriarcato la presenza della vite era rilevante così come durante il periodo Napoleonico.
La vinificazione in questo territorio unisce in un mix unico tradizione ed innovazione e dà vita a grandi bianchi come il Chardonnay, la Malvasia Istriana, il Pinot Bianco e Grigio, il Sauvignon e il tipico Friulano (già Tocai), per chiudere con il Traminer aromatico ed il Verduzzo Friulano. Anche il panorama dei rossi è di grande importanza ed annovera Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, il Merlot ed il Refosco dal peduncolo rosso.
Punti di interesse
Il centro storico ha l’aspetto di un caratteristico schema a “spina di pesce”, con la via centrale denominata Sinodo, dalle quale si diramano calli e piazzette.
Prima di addentrarsi nella via principale troviamo sulla destra il Santuario della Beata Vergine della Salute, consacrato nel 1912, che ospita l’Immagine lignea della Beata Vergine del XVII secolo.
Poco più avanti troviamo il Municipio, costruito nel 1929. La sua mole, che spicca in maniera elegante, si affaccia sulla piazza dedicata a Rinaldo Olivotto, sindaco di Marano di fine Ottocento.
Pochi metri dopo l’entrata in via Sinodo troviamo il Museo Archeologico della Laguna di Marano, che offre la possibilità di conoscere la storia plurimillenaria di un territorio unico. Il visitatore può immergersi in un percorso espositivo dall’epoca preromana a quella contemporanea.
Proseguendo sulla sinistra troviamo la Pieve di San Martino. La consacrazione così come oggi la vediamo ebbe luogo nel 1768. Al suo interno fra dipinti e immagini sacre si trova un organo a canne, opera di un famoso organaro di Venezia.
Percorriamo alcune decine di metri e ci troviamo nella piazza centrale detta “Granda”, intitolata a Vittorio Emanuele II, fulcro del centro storico. Sparite le mura di cinta (ne è rimasto il Bastione di Sant’Antonio e due brevi tratti attigui), è quanto resta dell’antica fortezza patriarcale e veneziana. Qui troviamo il simbolo di Marano, la Torre detta “Millenaria” che domina con i suoi 32 metri d’altezza. Sui lati sono murate immagini e iscrizioni celebrative di Provveditori veneti, su quello orientale vi è la testa del Leone di San Marco. Attigua è la Loggia, risalente al XV secolo.
Dall’altro lato della piazza si innalza il Palazzo dei Provveditori, sede degli antichi governanti, costruito non appena Marano si diede in dedizione a Venezia, nel Quattrocento.
Percorrendo gli ultimi metri di via Sinodo, si spalanca agli occhi del visitatore il porto di Marano, e alla sinistra spicca la “Vecia Pescaria”. Costruita a fine Ottocento, è uno degli edifici che meglio simboleggia Marano in quanto rappresenta la vita economica e l’attività sul mare. Ha funzionato fino agli anni Novanta e rappresenta ancora oggi un luogo in cui riunirsi, un punto di aggregazione.
Per quanto concerne le splendide realtà naturalistiche, visitando l’ambiente lagunare troviamo la Riserva naturale regionale “Foci dello Stella”, uno degli ambienti più peculiari e distintivi dell’intero comprensorio lagunare regionale, dal notevole valore naturalistico. L’area protetta ha una superficie di 1377 ettari.
Rientrando in paese, si può continuare il viaggio naturalistico fra le Valli Grotari e Vulcan: due piccole valli da pesca rinaturalizzatesi spontaneamente a seguito della cessazione dell’attività di itticoltura.
Attigua al centro storico si trova la Riserva naturale Valle Canal Novo, costituita da una ex valle e da alcuni terreni seminativi. Vi è stato realizzato il centro visite lagunare, un progetto innovativo e pilota nel panorama nazionale per la conservazione e la fruizione ambientale.
Dulcis in fundo, gli edifici simbolo della laguna, i “casoni maranesi”, ancora oggi fedeli alla tradizione con la loro tipica costruzione rivestita in cannuccia palustre.
Questa è Marano Lagunare, con la sua storia che si edifica fra le calli e nei monumenti antichi, con l’incanto della sua laguna, con il pesce a chilometro zero.
Santuario di Castelmonte
Massimiliano Fedriga – Presidente della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
“Il Friuli Venezia Giulia accoglie con affetto il Giro d’Italia 2022 con una tappa di grande significatività storica nel segno di una continuità permeata da un’entusiastica collaborazione che ha portato a tangibili, eccellenti risultati sportivi e turistici, altamente apprezzati a livello internazionale.”
Panoramica
Prepotto è un comune italiano con poco più di 700 abitanti del Friuli-Venezia Giulia. Tra i comuni più estesi della provincia di Udine con 34,24 km² di superficie e ben 34 frazioni. Confina per 15 km con la Slovenia coincidente con il torrente Judrio, che è stato, con il trattato di Worms del 1521, il confine tra la Repubblica di Venezia e l’Austria.
Territorio di confine ha una storia particolarmente interessante, perfetta sintesi di culture e popolazioni che hanno animato questa zona del Friuli.
L’orografia del territorio comunale è particolarmente completa, zone pianeggianti e zone montuose si alternano dando origine ad paesaggio unico, ricco di flora e fauna selvatica.
Fiore all’occhiello del territorio di Prepotto è lo Schioppettino, nato proprio nella valle del Judrio, un vitigno autoctono che fa parte della famiglia delle Ribolle. Un piccolo paese famoso non solo per il paesaggio, ma anche per il castello e santuario di Castelmonte e le tante aziende agricole presenti che rendono Prepotto, la città del vino.
L’enoturismo e il turismo slow sono pilastri fondati dell’economia del Comune.
Gastronomia
La cucina di Prepotto in quanto terra di confine è stata fortemente influenzate dalla storia e dallo scambio con le popolazioni confinanti divenendo una cucina di contaminazione. In particolare le due tradizioni culinarie che più l’hanno influenzata, come tutta la cucina Friulana, sono da un lato quella slava e dall’altro quella austroungarica.
La cucina di Prepotto dunque condivide la maggioranza dei piatti che incontriamo nel resto delle Valli del Natisone e della pianura Friulana.
E’ una cucina del riuso e uno dei suoi piatti simbolo è indubbiamente il frico, che si prepara utilizzando i ritagli e i resti di formaggi friulani amalgamandoli con le patate e le cipolle.
Molto importante la polenta di farina di mais bianca o gialla che accompagnata ogni piatto della tradizione e nel toc’ in braide accompagna una crema di formaggi friulani oppure un ragù di salsiccia.
Rivestono grande importanza le minestre, fra le quali la zuppa di fagioli e patate che richiedono lunghe cotture e preparazioni. Fra i primi piatti non mancano la pasta fatta in casa tagliata in forma di tagliatelle o blecs, ovvero quadretti irregolari oltre agli gnocchi di patate, di spinaci o in autunno di zucca. Dal sapore contrastante troviamo a fine estate gli gnocchi di patate ripieni di susine, piatto singolare e buonissimo che ben rappresenta il melting pot di tradizioni. In primavera troviamo i piatti con le erbe spontanee in particolare il risotto con lo “sclopit” (Silene) o i “ruscolins” (asparagi selvatici) e la frittata con gli “urticions” (luppolo selvatico).
La carne maggiormente usata è sicuramente quella suina, in passato i maiali allevati a casa assicuravano alla famiglia carne e grasso per tutto l’anno. Come il resto del Friuli, il comune di Prepotto vanta un ricchissimo patrimonio di salumi tradizionali. Uno dei più noti insaccati è il musetto che prende il nome dal muso dell’animale. E’ un cibo quasi di rito in occasione delle feste natalizie e del nuovo anno, che si serve insieme ad un altro simbolo della cucina friulana che ha ricevuto la tutela DOP, la brovada: rape inacidite da una lunga fermentazione sotto le vinacce di uva a bacca rossa. Tra i piatti di carne non mancano la carne di manzo, la selvaggina e animali da cortile soprattutto pollame e conigli.
Prepotto si estende nella valle del fiume Judrio, dunque tra i piatti della cucina tradizionale troviamo la trota e un tempo i gamberi di fiume.
Il tipico dolce è rappresentato dalla Gubana, dallo sloveno “Guba” ovvero “piega” per via della sua forma; è un dolce a base di pasta lievitata con un ripieno di frutta secca, il tutto impreziosito dalla grappa.
Bevande
Se il Friuli Venezia Giulia è la regione italiana più conosciuta per la produzione di vini bianchi di qualità, lo Schioppettino si impone come il vitigno autoctono a bacca rossa in grado di rivaleggiare con quelli a bacca bianca. Soprattutto nel territorio del Comune di Prepotto e nella Valle del Judrio, come riconosciuto dalla sottozona “Schioppettino di Prepotto” della Doc “Friuli Colli Orientali” riservata al vino ottenuto da uve dell’omonimo vitigno. Un Disciplinare orientato a una produzione di qualità senza compromessi, stabilisce che i vigneti debbano produrre al massimo 1,55 Kg di uva per ceppo e che la vendemmia sia eseguita manualmente.
L’affinamento è obbligatorio in botti di legno per minimo 12 mesi e deve essere posto in commercio non prima del mese di settembre del secondo anno successivo alla vendemmia. Per le caratteristiche aromatiche speziate, il vino presenta una marcata tipicità, che deriva dalla particolare interazione tra clima e suolo che si crea nella vallata del Judrio. Ma non è solo il terroir a rendere unico il vino: anche il vignaiolo deve saper interpretare il linguaggio della terra, trasformandolo in profumi, sapori e colori inconfondibilmente legati ad essa. È così che, nel bicchiere, lo Schioppettino di Prepotto rivela la sua autenticità: rosso rubino intenso, profumo deciso di frutti di bosco e marasca e una singolare e preziosa nota speziata di pepe. Elegante e complesso come i grandi vini friulani, fa della versatilità il suo punto di forza, sposando non solo pietanze di carne o, se invecchiato, anche la selvaggina, ma riuscendo a stupire anche con piatti di pesce o con cucine dagli aromi speziati. Dalla storia si comprende come lo Schioppettino possa ambire ad essere riconosciuto il vitigno rosso più prestigioso del Friuli Venezia Giulia. Citato sin dal Medioevo, lo Schioppettino è presente a Prepotto da secoli, sopravvivendo alle travagliate vicende che hanno interessato questa terra di confine e di contatto fra tradizioni agricole italiche, germaniche e slave.
Negli “Atti e memorie della Società Agricola di Gorizia” del 1877 veniva definita “uva delicata” originaria di Prepotto; nel 1939 il Poggi, nel suo fondamentale lavoro dedicato alla viticoltura friulana, lo descrisse come vitigno “coltivato quasi esclusivamente nel territorio collinare e pedecollinare del comune di Prepotto. La Ribolla nera, al di fuori del suo ambiente optimum, anche alla distanza di pochi chilometri, dà un vino che non possiede più quelle caratteristiche peculiari che lo rendono pregiato in quel di Prepotto col nome locale di Schioppettino” Eppure stava quasi scomparendo fino a quando, nel 1977, il Consiglio comunale di Prepotto deliberò la richiesta che fosse inserito nell’elenco dei vitigni autorizzati, cosa che avvenne nel 1981. Due anni dopo, la Comunità Europea, lo incluse fra i vitigni raccomandati per la provincia di Udine e nel 1987 ottenne la denominazione di origine.
Punti di interesse
Oggi il Giro d’Italia arriva nel comune di Prepotto, in provincia di Udine, e fa tappa nella località probabilmente di maggior rinomanza del Comune, simbolo della religiosità delle genti che abitano questi luoghi.
Siamo nel Santuario della Beata Vergine di Castelmonte, per gli Italiani, ma Madone di mont per le Genti friulane e Stara gora per gli Sloveni che abitano ancora di qua e di là dal confine. Ci troviamo nella parte più nord orientale d’Italia, luogo storico di transito di tutte le popolazioni che hanno voluto vedere il mare Adriatico, invadendo i nostri territori. Castelmonte nasce da un castelliere, sorta di villaggio protostorico fortificato posto sempre in posizione elevata, a controllo del territorio e autodifesa dalle scorrerie delle tribù vicine. È stato poi un accampamento fortificato romano facente parte del Claustra Alpium Iuliarum. La sua trasformazione a sacello cristiano e poi a chiesa fortificata risale al 1200, quando oltre la Madonna c’era il culto per S. Michele Arcangelo. Fu in successione desiderata dagli Ungari, dai Goti e Ostrogoti, dai Longobardi, finanche dai Turchi. Vi giunse anche Napoleone nel 1797, che spogliò il santuario di quasi tutti i suoi beni. Sotto l’Impero Austro-Ungarico fu anche sede comunale fino al 1870. Dal 1913 la gestione passò dalle Confraternite locali, di una certa impronta slava, ai frati capuccini veneti. Oggi è luogo di culto frequentatissimo, che richiama fedeli dal Triveneto, ma anche dalla vicina Austria e dalla vicinissima Slovenia, che vengono a porre ex voto e a chiedere grazia alla Madonna nera con bambino, di sfera artistica salisburghese.
Altri luoghi di interesse religioso sono le chiesette votive delle varie frazioni del Comune, di scuola friulana e slovena. Spiccano per interesse artistico quella di S. Bartolomeo Apostolo a Ciubiz, per la volta costolonata con bassorilievi antropomorfi e la statua lignea delle madonna con bambino del XVI secolo; la pala con l’Adorazione dei Magi nell’altare della chiesetta dei Tre Re Magi sopra Prepotischis; la chiesa di SS. Pietro e Paolo a Centa con l’altare ligneo dorato a due ripiani di scuola slovena; la chiesetta di S. Pietro Apostolo e S. Paolo a Chiazzacco che presenta degli affreschi della fine del XV secolo recentemente ben restaurati; la chiesa di S. Antonio Abate ad Oborza, dove si può vedere un crocifisso ligneo che riporta la data del 24 maggio 1915, quando i fanti italiani oltrepassarono il fiume Judrio, da molti secoli sempre confine fra più contendenti, e risalirono il monte Corada abbandonato dal Imperial Regio Esercito austro-ungarico.
Un notevole esempio di architettura fortificata è poi il castello Gabrici ad Albana, di proprietà privata, che fu precedentemente dei Conti di Gorizia benchè sulla sponda destra del fiume Judrio che già apparteneva al Regno d’Italia dal 1866.
Esempio di architettura rurale è l’aprico borgo di Berda, ristrutturato secondo criteri di unità stilistica ed ambientale pregevoli, dopo il terremoto del 1976.
Nel comune di Prepotto esistono notevoli aspetti di meritevole interesse naturalistico. Oltre alla accorta gestione del territorio, che è preziosamente equilibrata tra le zone libere e quelle antropizzate, esistono due pregiate località: una è il Bosco del Romagno, costituito già in epoca longobarda, che si è preservato dallo sfruttamento vitiviniclo, in quanto polveriera dell’Esercito italiano fino al 1950 e poi divenuto Parco ricreativo, condiviso con i comuni di Cividale del Friuli e Corno di Rosazzo; l’altra è la valle del Rio della Madonna, che discende direttamente da Castelmonte nella stretta forra di Marcolino, con ampi terrazzamenti una volta coltivati. Il rio confluisce nello Judrio e presenta, all’affioramento di banconate di natura calcarea, delle pozze e delle cascatelle di notevole interesse paesaggistico e idro-geologico. Nel suo fondovalle si trova un antico ponte che dai più viene chiamato Ponte romano, ma che molto più verosimilmente è stato costruito dai militari italiani durante la prima guerra mondiale.
Dati i suoi pregi storici e naturalistici, il territorio è molto frequentato non solo dagli escurionisti, ma anche dagli amanti della bicicletta e dai cavalieri, tanto che qui sono stati proposti ben quattro famosi cammini: il Sentiero Italia, l’Alpe Adria Trail, il Cammino Celeste e la Via dei Monti Sacri. A questi si aggiungono ogni estate altre percorrenze, talvolta legate alla raccolta delle erbe mangerecce, di cui si va a fare un gradevole assaggio alla fine dell’escursione nei molteplici agriturismi dislocati sul territorio.