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planimetria
info tecniche
Percorso
Tappa parzialmente di recupero, adatta ai velocisti, ma non perfettamente piatta. Da Morbegno si segue il lato nord della valle fino all’imbocco del lago di Como. Qui la carreggiata si restringe per tutto il tratto lungo la riva del lago fino a Como (il tratto è caratterizzato dalla presenza di numerose gallerie e dall’attraversamento di numerosi centri cittadini). Dopo Como la corsa attraversa tutta la pianura Padana fino a raggiungere Casale Monferrato per strade ampie e rettilinee in cui occorre segnalare negli attraversamenti cittadini numerosi ostacoli urbani come rotatorie, dossi e spartitraffico. Unica piccola asperità l’ascesa all’Abbazia di Masio prima degli ultimi chilometri assolutamente pianeggianti.
Ultimi km
Ultimi 5 km completamente pianeggianti con diverse rotatorie (che comportano alcuni restringimenti in entrata e uscita) fino all’ultimo chilometro. Due curve sinistra-destra tra l’ultimo km e i 550 m portano al rettilineo finale. Arrivo su asfalto di larghezza 7.5 m.
partenza / arrivo
ultimi km
crono tabella
info turistiche
Città di:
Morbegno
Panoramica
Morbegno, cittadina dinamica, è a buon diritto considerata la “porta della Valtellina”: qualsiasi itinerario nel territorio della più importante valle lombarda non può che partire da qui. Le peculiarità del suo ambiente la rendono un’attrattiva per ogni tipo di turismo: alpino, culturale, artistico ed enogastronomico. Paradiso per alpinisti, sciatori ed escursionisti, culla dell’arte culinaria valtellinese, Morbegno – oltre ad essere la sede ospitante la Mostra del Bitto, il famoso formaggio ottenuto da latte fresco lavorato in estate nelle malghe di alta montagna – è anche un borgo ricco di storia e di tradizioni. Il centro storico, con le sue chiese, i suoi palazzi e le sue caratteristiche contrade, invoglia a compiere lunghe passeggiate, con sosta obbligata in qualcuna delle tante osterie, vinerie o dei tanti ristoranti che celebrano i sapori valtellinesi. In un posto come Morbegno, dove la natura è così intimamente legata al gusto e alla cultura locali, trova la sua collocazione ideale il Museo Civico di Storia Naturale, noto come il più importante museo scientifico della provincia di Sondrio ed uno dei più attivi della Lombardia che raccoglie reperti fossili e minerali dell’intera valle. La Città è stata insignita del titolo Città Alpina dell’anno 2019. Da Morbegno prende avvio il percorso ciclo-pedonale della “Via dei Terrazzamenti” ed il territorio è attraversato dall’itinerario cicloturistico denominato “Sentiero Valtellina”.
Gastronomia
- Pizzoccheri
- Bresaola locale
- Sciatt
- Taroz
- Formaggi del Territorio come il Bitto e la Casera
- Pane di Segale
- Polenta Taragna
- Cupeta
- Bisciola
- Torta Morbegno
Bevande
Vini Valtellinesi e Vini versante Terrazzato Retico della Bassa Valle
Punti d'interesse
- Luoghi di interesse storico
- Centro storico
- Palazzo Malacrida
- Chiesa collegiata insigne di San Giovanni Battista
- La chiesa dei Santi Pietro e Paolo
- Il Santuario della Beata vergine Assunta e viale della Rimembranza
- Ex Complesso conventuale di Sant’Antonio (Auditorium nell’ex-Chiesa, Chiostro sud e Chiostro Nord) – La chiesa di Sant’Antonio e il convento domenicano
- Ex-centrale idroelettrica di Campovico
- Cantine interrate nel sottosuolo del centro storico – visitabili durante la manifestazione Morbegno in Cantina – visitabile tutto l’anno la cantina annessa al negozio storico «F.lli Ciapponi dal 1883»
- Luoghi di interesse epoca moderna
- Tempietto votivo
- Edifici privati e pubblici progettati da arch. Luigi Caccia Dominioni in particolare la Biblioteca civica- bibliografia – autori Alberto Gavazzi, Marco Ghilotti «Luigi Caccia Dominioni, architettura in Valtellina e nei Grigioni», Milano, Skira, 2010
- Riqualificazione ex area industriale Martinelli parti pubbliche e private progettati da studio Citterio
- Luoghi di interesse paesaggistico-ambientale
- Parco di interesse sovracomunale – Parco della Bosca –
- Via dei terrazzamenti vitati retici (sosta Torchio di Cerido) e Sentiero Valtellina
- Parco delle Orobie Valtellinesi
Asti
Panoramica
Capoluogo al centro del Piemonte e della provincia omonima, è una vivace e ridente città ricca di storia e dal glorioso passato medievale ancora oggi visibile nelle case-forti e nelle torri mozze che soverchiano agli occhi del turista il barocco delle sue chiese e la maestosità dei suoi settecenteschi palazzi. È conosciuta in tutto il mondo per i suoi vini, in particolare l’Asti spumante: ogni anno, a settembre, vi si tiene uno dei concorsi enologici più importanti d’Italia, denominato la Douja d’Or. Celebre è anche il suo Palio storico, manifestazione tra le più antiche d’Italia, che si svolge a settembre e culmina con una corsa di cavalli montati “a pelo” (senza sella).
L’etimologia del nome Asti è ancora assolutamente incerta.
Secondo alcuni studiosi Asti deriverebbe dalla voce latina hasta, usata per indicare la pertica piantata là dove si vendevano all’incanto, cioè all’asta, i beni dei debitori dell’erario pubblico e dei proscritti. Il toponimo designerebbe quindi l’avvenuta fondazione di una colonia, il cui nucleo principale era costituito da proprietà di cittadini romani.
La vicenda storica di Asti è caratterizzata fin dalle origini dalla sua peculiare vocazione commerciale legata alla centralità rispetto alle vie di comunicazione tra litorale ligure, pianura padana e valichi alpini.
La fondazione di Hasta risale al 125-123 a.C., anni delle campagne militari del console Marco Fulvio Flacco nel Piemonte meridionale. Situata lungo la via Fulvia – voluta dallo stesso Flacco, da cui prese il nome –in poco meno di un secolo Hasta diventa colonia e si sviluppa in un centro popoloso ed economicamente vivace, grazie anche alla qualità dei suoi prodotti più noti, anfore vinarie e vasi di terracotta esportati ovunque, come scrive Plinio il Vecchio, “per mare e per terra”.
Come altre colonie del Piemonte meridionale, Hasta subisce un progressivo impoverimento demografico ed economico a partire dal III sec. d.C., ma registra anche nuovi fermenti religiosi e sociali col costituirsi alla metà del IV sec. di una comunità cristiana, destinata a diventare presto diocesi.
Sede vescovile organizzata e attestata già nel 451 d.C., quando nel 568 i Longobardi scendono in Italia, Asti da almeno tre secoli ha visto calare la sua popolazione e perso la sua floridezza, ma ancora una volta la sua posizione geografica della città, unita all’appetibilità delle sue fertili terre, spinge i Longobardi a stabilire in Asti uno dei quattro ducati piemontesi, certo uno dei più importanti d’Italia se il primo duca di Asti noto è Gondoaldo, fratello della regina Teodolinda.
Con l’arrivo dei Franchi sullo scorcio dell’VIII sec., al ducato si sovrappone il comitato, governato da un conte, cioè un funzionario di nomina imperiale. Dopo la morte di Carlo Magno la progressiva disgregazione dell’Impero e delle sue strutture organizzative fa sì che ad Asti, come in altre realtà periferiche, buona parte dei beni pubblici diventi patrimonio della Chiesa e che, a poco a poco, l’autorità del vescovo si sostituisca all’amministrazione pubblica in sfacelo. E proprio la Chiesa avrà un ruolo importante per Asti, assicurando anche nei secoli più difficili della storia cittadina quel minimo di organizzazione civile indispensabile ad una città.
Nel IX e X sec. i vescovi di Asti, oltre a garantire il funzionamento di Asti, attuano una politica di promozione nei confronti dei ceti emergenti della città dediti in particolare al commercio. La “rinascita” del commercio astigiano è dovuta probabilmente proprio all’incontro delle esigenze mercantili urbane con l’indirizzo organizzativo impresso dal vescovo: questo scambio reciproco condurrà ad una trasformazione istituzionale dei poteri locali e all’affermazione di una struttura ordinata e stabile da cui il commercio, sia locale sia di più lunga gettata, trarrà notevoli vantaggi.
Nel secolo successivo, la nascita del Comune (1095) sancirà il riconoscimento formale da parte del vescovo della capacità di autogovernarsi di queste nuove forze sociali ed economiche.
Nel 1141 l’imperatore Corrado III riconobbe ad Asti lo ius faciendi monetam, diritto di battere moneta propria.
Con la certezza di una moneta “forte”, i traffici degli Astigiani, lungo la rotta Genova-Oltralpe, si intensificarono, anche in considerazione del fatto che Asti era diventata per Genova l’indispensabile intermediario negli scambi tra il mare e la Liguria e l’interno.
Le mercanzie e il denaro astesi giungevano un po’ ovunque nelle fiere di piccoli e grandi centri d’Europa, dalla Borgogna alla Champagne fino al regno di Francia, e da qui ai Paesi Bassi, alla Germania, alla Svizzera, con attestazioni anche in Pannonia, Spagna e in Inghilterra.
Il periodo comunale vede Asti raggiungere il culmine della sua potenza politica ed economica: il Comune infatti estende la sua giurisdizione su gran parte del Piemonte meridionale, mentre in città affluiscono grandi ricchezze grazie all’intraprendenza dei suoi mercanti, ben presto anche prestadenari.
Nel 1226 infatti, secondo la testimonianza del cronista Ogerio Alfieri, ha inizio l’attività creditizia delle famiglie dei “lombardi” astigiani, che operano in patria al governo di uno dei principali comuni dell’area padana ed esercitano, a livello europeo, una funzione di primo piano nel mercato internazionale del credito.
Dalla metà XIII secolo, le famiglie dell’élite astigiana sono divise in fazioni – così come accade in gran parte d’Italia. La crescente situazione di conflittualità mina, almeno in parte, l’autonomia del governo comunale e solo un’astuta strategia di alleanze politiche consente alla classe dirigente urbana di mantenere il controllo politico e amministrativo sulla città e sul territorio: Asti si conferma ricca e potente.
Al 1275 risale l’attestazione della consuetudine del Palio, corso quell’anno presso le mura di Alba, dopo la vittoria astigiana contro gli Albesi nel corso del conflitto tra Asti e gli Angiò e i rispettivi alleati in ambito regionale.
Sul finire del secolo XIII, Ogerio Alfieri, nel tessere l’elogio del “potente comune che domina gran parte del Piemonte meridionale”, annota che il valore patrimoniale dichiarato a catasto dai contribuenti di Asti ammontava a circa mezzo milione in lire di beni immobiliari, mentre i capitali mobiliari dei cittadini raggiungevano nel Registrum (o catasto) la cifra straordinaria di oltre due milioni di lire.
Nel corso di poco più di un secolo Asti divenne tanto ricca e splendida da essere nota in tutta Europa.
Tra la seconda metà del Duecento e il 1348 si realizza il riassetto edilizio della città: si costruisce un’imponente cinta muraria, le famiglie nobili edificano palazzi maestosi e innalzano torri, viene ristrutturata la Cattedrale (1266: costruzione del campanile; 1309: interventi sul presbiterio; 1348: conclusione dei lavori). Asti è indebolita politicamente dalle prime lotte intestine, ma resta collettrice di enormi ricchezze: i Lombardi astigiani divengono banchieri e monetieri del Pontefice (1342-1362), finanziano la corona inglese (1338-1356) e operano come banchieri dei sovrani aragonesi (1391); Simone di Mirabello, figlio di un banchiere astigiano tesoriere del duca di Brabante, tra il 1340 e il 1346 è reggente di Fiandra.
La grande ricchezza della città catalizza su Asti le mire espansionistiche delle emergenti signorie padane: dopo alcuni decenni di relazioni oscillanti della classe magnatizia urbana con i marchesi Monferrato e i Visconti, nel 1387 la città e il suo territorio, passano agli Orléans come dote di Valentina, figlia di Gian Galeazzo Visconti, in occasione del suo matrimonio, con Ludovico di Touraine (dal 1391 duca d’Orléans). A questa fase risale l’elaborazione del Codex Astensis, il liber iurium comunale conservato presso l’Archivio Storico Comunale, da intendersi come il “manifesto ideologico” di una solida classe dirigente urbana, che rivendica il prestigio del proprio passato e il riconoscimento delle proprie prerogative da parte dei nuovi principi.
La coesione tra il patriziato locale e i duchi d’Orléans garantirà ad Asti un ulteriore periodo di floridezza: nasce la Società del Moleggio (1397), che mediante lo scavo di un nuovo canale potenzia opifici e mulini cittadini, mentre membri dell’élite astigiana nel corso della lunga dominazione degli Orléans (1387-1529) assumono ruoli nodali nell’amministrazione ducale.
Nel 1529, con i trattati di Cambrai, Asti viene ceduta dal re di Francia, Francesco I, all’imperatore Carlo V e da questi, nel 1531, all’infanta di Portogallo Beatrice, moglie di Carlo II, duca di Savoia: la città, occupata a lungo da truppe spagnole passa sotto il diretto dominio sabaudo solo nel 1575. All’epoca è per la dinastia un caposaldo importante del regno sabaudo.
Tuttavia, la crisi sociale ed economica, a partire dal XVI secolo, ridimensiona il peso politico di Asti. Scrive Emanuele Tesauro intorno alla metà del Seicento: “Doppo varie sfortune la felice fortuna operò che questa città riposasse finalmente sotto l’ombra della Real Casa di Savoia”.
Nel XVIII secolo Asti è uno dei principali teatri delle campagne militari che coinvolgono lo stato sabaudo: dalla guerra per la successione di Spagna (1703), a quella per la successione d’Austria (1745-46). Lo spostamento dei confini del Ducato verso est rende, però, meno centrale la piazzaforte astigiana che non vivrà più vicende proprie di particolare rilievo, se si eccettuano due avvenimenti: nel 1797 la breve vicenda della repubblica giacobina astese conclusasi con la morte dei ribelli, e nel 1821 il sostegno allo Statuto, concesso da Carlo Alberto, da parte del vescovo di Asti Antonino Faà di Bruno con una coraggiosa lettera pastorale rivolta ai fedeli.
Nel 1853 Asti ospita il primo congresso delle società di mutuo soccorso del Regno di Sardegna: una conferma, insieme con il radicamento in città dell’associazionismo operaio, della sensibilità astigiana per i nuovi fermenti di solidarietà sociale.
Grande è infine il tributo dato dagli Astigiani in termini di partecipazione, e purtroppo di caduti, alle due guerre mondiali.
Va in ultimo ricordato che per il contributo offerto alla lotta di Liberazione, Asti e la sua provincia sono state insignite della medaglia d’oro al valor militare per l’attività partigiana.
Abitanti: 76 026
Gastronomia
Piatti tipici:
bagna càuda, piatto “povero” che affonda le sue origini nel Medioevo. Gl’ingredienti sono: acciughe sotto sale, burro, olio extra vergine di oliva, aglio; il tutto viene stemperato in un tegame fino a ottenere una salsa calda. A questo punto si intingeranno le verdure crude tipiche del Monferrato (cardo gobbo di Nizza Monferrato, cardo avorio di Isola d’Asti, peperone quadrato di Motta di Costigliole, sedano dorato d’Asti, topinambur, rape, patate di Castelnuovo Scrivia, ecc.).
Carne di manzo cruda con il tartufo (trìfula), vitello con salsa tonnata, peperoni in bagna cauda, lingua di vitello in salsa verde (bagnet verd), tomini “elettrici” (formaggio con peperoncino), tonno di coniglio, sono solo alcuni dei tipici antipasti astigiani.
Agnolotti d’asino, di lepre; tagliatelle all’uovo (tajarin) al sugo d’arrosto, al tartufo o ai fungi porcini, per i primi.
Bollito di bue grasso con polenta “concia” (condita con formaggio filante).
La finanziera: il nome di questa ricetta deriva dall’abito, chiamato proprio “finanziera”, abitualmente indossato nel 1800 dai banchieri e dagli uomini di alta finanza, ai quali sembra che questo piatto piacesse molto; altre fonti suggeriscono invece l’origine del nome nel tributo in natura pagato dai contadini alle guardie (i finanzieri, appunto) per entrare in città. Tributo composto principalmente dalle frattaglie dei polli, ancora oggi fra gli ingredienti fondamentali.
Il fritto misto alla piemontese (fricia) legato al rito della macellazione del maiale e alla necessità di non sprecare nulla. Annoverava le interiora, i sanguinacci, il polmone (fricassà bianca), il fegato (fricassà nèira), le animelle. Col tempo si è arricchito di nuovi ingredienti e numerose sono le versioni: tipici del Monferrato sono i fiori di zucca e gli amaretti.
Gli arrosti di vitello e i brasati al barbera o al barolo.
Dolci:
La polentina astigiana, fatta con mandorle, uvetta, maraschino e ricoperta da polenta gialla.
Gli amaretti di Mombaruzzo o di Canelli, biscotti morbidi di mandorle.
La torta alle nocciole.
Lo zabaione al barbera o al moscato.
L’antico mon (pronuncia “mun”) di Mongardino (mattone dolce).
Le pesche al Ruché di Castagnole Monferrato.
Formaggi:
La Robiola di Roccaverano, formaggio fresco DOP, preparato con latte vaccino, ovino, caprino.
La Robiola di Cocconato, formaggio fresco di latte vaccino (un tempo era preparato con latte crudo).
La Toma piemontese, formaggio vaccino, la cui storia risale al XIV secolo.
Bevande
Asti e le sue colline sono famosi in tutto il mondo per i vini dolci: il maggior vitigno è il Moscato Bianco o Moscato di Canelli, da cui si ottengono uno spumante, un passito e una qualità “tranquilla” (o ferma). Da questo deriva l’Asti spumante, importante vino DOCG da fine pasto.
Da non dimenticare la produzione di Malvasia nera, in particolare la Malvasia di Casorzo e di Castelnuovo Don Bosco e di Schierano, le cui uve danno vini rosati e dolci. Inoltre, degno di menzione è il vitigno di Brachetto dell’alto Monferrato e della zona di Acqui Terme.
Per quel che riguarda i vini rossi, sicuramente la Barbera è la produzione più diffusa sul territorio. Altri rossi importanti sono il Dolcetto, il Grignolino, il Freisa e il Ruché.
Fra i bianchi da pasto, la produzione di Cortese, specialmente nell’alto Monferrato, è prevalente.
Nell’Astigiano è nata nel 1999 la prima strada del vino piemontese, la Strada Astesana. Si sviluppa con otto percorsi, attraversando 52 comuni della provincia di Asti e di parte delle Langhe.
Punti d'interesse
Complesso di San Pietro
Straordinario per la bellezza e il valore documentale delle architetture e delle decorazioni, è costituito dalla Chiesa (Rotonda) del Santo Sepolcro del XII secolo, il convento-ospizio dei cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme di cui sono visibili i meravigliosi chiostri e la cappella Valperga del XVsecolo. Vi ha sede il civico Museo Archeologico, frutto di donazioni private al Comune di Asti.
Palazzo civico
Il palazzo, sede del Comune, donato alla Città nel 1558 dal duca Emanuele Filiberto di Savoia, fu edificato alla metà del Duecento e venne poi profondamente modificato nel Quattrocento. Trasformato nelle forme barocche oggi visibili tra il 1726 e il 1730 su progetto di Benedetto Alfieri, subì ulteriori successivi rimaneggiamenti. Nel 1817 fu completata la facciata con la costruzione dell’altàna e nel 1867 si realizzò la manica nord.
La decorazione dello scalone, 1935, è opera del pittore astigiano Ottavio Baussano.
Palazzo Mazzetti di Frinco
Il palazzo testimonia l’affermazione della famiglia Mazzetti all’interno dell’aristocrazia astigiana. L’edificio fu ingrandito a partire dalla fine del Seicento, quando i Mazzetti acquistarono ed accorparono i fabbricati medievali contigui, procedendo poi alla loro riplasmazione in un unico palazzo nobiliare.
Dal 2000 Palazzo Mazzetti è di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, che ne ha curato il restauro. E’ora sede della Fondazione Asti Musei e ospita mostre temporanee di rilievo internazionale. Custodisce ed espone le collezioni civiche costituite da dipinti, sculture e oggetti di notevole qualità artistica.
Palazzo Ottolenghi
L’edificio assunse l’aspetto attuale dopo il 1754 per iniziativa del conte Carlo Gabuti di Bestagno, che, affidò, probabilmente a Benedetto Alfieri, l’incarico di rimodernare in un unico e più moderno palazzo i preesistenti fabbricati medievali. Il palazzo fu poi acquistato nel 1851 dalla famiglia Ottolenghi e dal 1932 è di proprietà comunale. Presenta ricchi arredi e ricca è anche la decorazione pittorica. Nel 2016 si sono conclusi i restauri dell’atrio, dello scalone d’onore e del salone di rappresentanza.
Ospita il Museo del Risorgimento e Divisione Partigiana “Garibaldi”, l’Istituto Storico per la Resistenza e il Museo dell’Immaginario.
Cripta e Museo di Sant’Anastasio
Collocato nel cosiddetto Palazzo del Collegio, il museo consente di ripercorrere la storia bimillenaria della Città attraverso una ricca stratificazione di testimonianze archeologiche. La cripta di Sant’Anastasio è il nucleo più antico, risalente all’XI secolo, presenta colonne e capitelli di recupero di età romana e altomedievale. Negli spazi contigui alla cripta sono visibili tracce di pavimentazione del foro di Asti romana, tombe databili tra VII e X secolo, resti della chiesa altomedievale, della chiesa romanica e di quella seicentesca di Sant’Anastasio, abbattuta nel 1907. Sono esposte le collezioni lapidee di Asti: capitelli, mensole, formelle scolpite, pietre cantonali databili tra XII e XVI secolo.
Palazzo Alfieri
Casa natale del poeta e trageda Vittorio Alfieri. L’edificio è frutto della ristrutturazione di precedenti fabbricati medievali, realizzata intorno al 1738 su probabile progetto di Benedetto Alfieri, cugino del poeta. Nel 1901 l’edificio fu acquistato dal conte Leonetto Ottolenghi, esponente di spicco della comunità ebraica astigiana, che lo donò poi al Comune. È attualmente sede della Fondazione Eugenio Guglielminetti che raccoglie testimonianze uniche dell’attività del pittore e scenografo astigiano Eugenio Guglielminetti e ne conserva le collezioni d’arte, della Fondazione Centro nazionale di Studi Alfieriani che studia la figura e l’opera di Vittorio Alfieri, del museo Alfieriano e del moderno e polivalente polo didattico museale della Fondazione Asti Musei.
Palazzo del Collegio
E’ un complesso di edifici nel cuore del centro storico. I fabbricati formano un quadrilatero (con affaccio principale su C.so Alfieri) che delimita l’ampio isolato anticamente detto di Sant’Anastasio. Per secoli l’area fu infatti occupata dall’omonimo monastero femminile benedettino, documentato dal 1008, ma forse già esistente alla fine del IX secolo, se non addirittura di fondazione longobarda (VIII sec.).
Trasformato completamente dopo la demolizione, nel 1907, della chiesa seicentesca di Sant’Anastasio, ospita oggi, oltre ad alcuni istituti scolastici, la Fondazione Biblioteca astense “Giorgio Faletti “ intitolata all’attore e scrittore astigiano prematuramente scomparso nel 2014. La biblioteca astense organizza ogni anno ad inizio giugno il festival letterario Passepartout.
Torre Comentina
Conosciuta anche come “torre di San Bernardino”, si trova sull’angolo ovest tra piazza Roma e corso Alfieri ed è ora inglobata nella struttura del novecentesco castello neogotico che si affaccia sulla piazza. Coi suoi 38,55 m. è, per altezza, la seconda torre della città. Presenta una pianta quadrata e termina con una terrazza con merlatura ghibellina a coda di rondine e una decorazione sottostante con un doppio ordine di archetti in cotto e arenaria. Le finestre, ogivali, si aprono sui quattro lati e all’ultimo ordine sono decorate con lo stesso motivo cromatico degli archetti sovrastanti. Per il tipo di struttura e di decorazione, la torre è datata alla seconda metà del XIII secolo.
Torre De Regibus
Sita all’angolo tra via Roero e corso Alfieri, è l’unico esempio di torre a pianta ottagonale sopravvissuta ad Asti. Faceva parte di un complesso di edifici di proprietà della famiglia De Regibus che contava anche altre due torri, Queste tre torri erano conosciute col nome di “Tre Re”, rimasto ancora oggi per indicare l’isolato. È dotata di una serie di monofore decorate in cotto e pietra. La sua costruzione è da ricondurre alla fine del XIII secolo, era alta in origine probabilmente intorno ai 39 metri, oggi, dopo la mozzatura che dovette interessare i tre piani superiori, misura circa 27 metri.
Torre Rossa o di San Secondo
In laterizi e arenaria. A base poligonale (16 lati), è la parte superstite della porta occidentale romana. Databile al I secolo d.C., nell’XI secolo fu sopraelevata di due piani e utilizzata come campanile dapprima per la chiesa romanica di San Secondo (denominata appunto “della Torre Rossa” per distinguerla dalla chiesa patronale o Collegiata) e dal 1766 per la parrocchiale di S. Caterina.
L’aggiunta romanica ha il piano inferiore in laterizio ed è scandita da semplici monofore a tutto sesto che si aprono a lati alterni. Sotto il secondo marcapiano si osserva una fila di archetti pensili in cotto. Più elaborato il piano superiore, dove blocchi di arenaria si alternano a brevi inserti di mattoni. A dividere le monofore sono colonnine con capitello cubico. Termina la decorazione un’ultima fila di archetti pensili in arenaria. È la torre, in cui, secondo la tradizione fu imprigionato San Secondo, patrono di Asti.
Palazzo del Michelerio
Il complesso, già monastero del Gesù delle Clarisse Osservanti risale al XVI secolo. Fu ampliato nella seconda metà del Settecento, senza che ne venisse alterata l’impostazione cinquecentesca. Durante il periodo napoleonico il complesso fu espropriato e divenne di proprietà pubblica. Messo all’asta, nel 1870 divenne la sede dell’Opera Pia Michelerio, che si occupava di dare accoglienza ed istruzione agli orfani di Asti e del suo circondario. Oggi ospita uffici privati ed è sede del Museo paleontologico che, attraverso i concetti generali della paleontologia, illustra i principali eventi geo-paleontologici che hanno determinato la formazione del territorio astigiano. Vi sono esposti alcuni fossili recentemente ritrovati in zona tra i quali spiccano i resti ossei di balene e delfini di età pliocenica, dai 5 ai 2 milioni di anni fa circa.
Il territorio astigiano presenta ricchi giacimenti di fossili paleontologici. Primi fra tutti, quelli della Riserva Naturale Speciale Paleontologica di Valle Andona, Valle Botto e Val Grande, area a 7 chilometri ad ovest di Asti.
Palazzo Mazzola
Il palazzo si presenta al visitatore nella sua predominante facies rinascimentale che sovrasta, ma non copre mai del tutto, le diverse anime che ne compongono l’architettura straordinaria. La domus medievale, costruita su un sedime di insediamento romano, prima, e longobardo poi, fu infatti acquisita dai signori Mazzola e da questi trasformata in senso rinascimentale intorno al 1516.
Il Palazzo divenne, a partire dal 1710, per donazione di Giacomo Filippo Mazzola la “casa” dell’Opera Pia Buon Pastore, destinata ad ospitare “giovani pericolanti e pericolate ed infanti abbandonati”.
Nel corso del XVIII secolo, l’edificio fu oggetto di profonde modifiche che si sono susseguite anche negli anni successivi.
Oggi, Palazzo Mazzola ospita l’Archivio Storico Comunale e il Museo del Palio di Asti.
L’Archivio Storico conserva tutta la documentazione del Comune di Asti nella sua attività attraverso i secoli. I documenti, consultabili dal pubblico, vanno dal X fino all’inizio del XXI secolo: tra questi, i preziosi codici manoscritti medievali decorati da straordinarie miniature.
Il Museo del Palio di Asti offre un percorso dedicato alla festa storica della Città che è anche un cammino nella storia cittadina, ricostruito in filigrana attraverso la vicenda della sua manifestazione più antica e prestigiosa.
Sinagoga e Museo Ebraico
La Sinagoga è documentata nell’attuale sito dal 1601. Modificata nel 1788, ampliata nel 1848-50, assunse l’aspetto odierno con la ristrutturazione del 1888-89. Il museo conserva argenti, tessuti, oggetti di culto, arredi, lapidi, libri di preghiera, fotografie, manoscritti e offre un’immagine complessiva dei vari aspetti della vita e della cultura ebraica nel quadro della realtà storica degli ebrei astigiani, la cui presenza in Città è documentata fin dall’anno 812.